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Viaggio ad Auschwitz di un Prof di Storia

Aggiornamento: 1 mag 2024

Leonardo Pittaluga - La Redazione

Domande sull’esperienza ad Auschwitz del Prof. Nicrosini, docente di Storia e Filosofia


Quando ha fatto il viaggio? È stato per interesse personale? Con quale associazione?

Ho fatto il viaggio l’anno scorso con CGE CRETA, associazione del mio quartiere, Zona Inganni, associazione che si occupa di educare ragazzi in difficoltà con un approccio diverso da quello della Scuola. Sono stato invitato dall’ANPI, associazione nazionale partigiani in Italia di cui faccio parte e, naturalmente, ho partecipato per interesse personale.

Come il suo lavoro, la sua formazione e i suoi studi la hanno aiutata a comprendere i fatti e che cosa ha provato?

Limitandomi alla formazione universitaria, posso affermare di non essermi mai concentrato sullo studio dello sterminio in Europa. Con una laurea in Storia magari l’avrei affrontato, ma ho una laurea in Filosofia e non ho sostenuto esami accademici su questo argomento. Data l’importanza di ciò che è accaduto ritengo sia importante conoscere, studiare ed avere un confronto umano con chi conosce profondamente questi fatti. Ho compiuto il mio viaggio in pullman. Siamo partiti dal binario 21 con il pullman per avere un’idea della fatica del viaggio, citando Liliana Segre: “Bisognerebbe andare ad Auschwitz a stomaco vuoto e al freddo per capire”.

Sarebbe stato diverso il viaggio se avesse avuto 16 anni? É la prima volta che fa un’ esperienza del genere?

In realtà ero già stato prima a Mauthausen e poi a Dachau, quando ero uno studente universitario e mi trovavo in Germania per studiare Tedesco. Da adolescente, quando frequentavo la Scuola Media, sono stato a Mauthausen. Da adolescenti si sente forse di più, l’esperienza incide di più. Il campo di Auschwitz, però, mi ha impressionato moltissimo a causa della sua grandezza e notorietà. Auschwitz è costituito da 3 campi. Birkenau è il più grande e comprende varie aree riservate a diverse persone. La dimensione è la cosa più impressionante… Si ha la percezione della propria piccolezza in quel contesto. Questo effetto è anche fisico per il freddo, nonostante io sia stato lì durante marzo dell’anno scorso.

Qual è stato il momento più forte/commovente del viaggio?

Più di uno. La guida parlava Italiano e certe testimonianze della guida e dei ragazzi toccavano temi sconvolgenti. Per esempio a Birkenau abbiamo visitato le latrine.

Qui la guida ci ha raccontato la storia di un uomo annegato nella latrina mentre le SS ridevano. Inoltre, ad Auschwitz 1, il più vecchio campo, nel blocco 10, venivano condotti esperimenti da medici professionisti tedeschi, con l’obbiettivo di sterilizzare le donne ritenute di razza inferiore. L’immaginazione è la cosa che mi ha ferito maggiormente, sono cose che naturalmente come insegnante so, ma vedere i luoghi in prima persona è stato veramente scioccante. Ci siamo tutti commossi durante la visita collettiva della camera a gas di Auschwitz 1.

Gli Educatori avevano preparato il percorso tenendo conto delle discriminazioni subite dai miei giovani compagni di viaggio, per esempio, con noi, c’era un ragazzo figlio di immigrati, arrivato in Italia attraverso i barconi. Gli educatori hanno messo in evidenza il fatto che le discriminazioni, allora, siano state compiute partendo da piccoli soprusi. Fare questa esperienza con ragazzi che sentono sulla propria pelle il razzismo è stato per me molto toccante. Durante questa esperienza, gli educatori sono stati in grado di lavorare con ragazzi molto diversi fra loro, alcuni di questi problematici, soprattutto sul fronte della competenza socio-emotiva. Quando si piange davanti ad altri ci si affida al rispetto. Il viaggio è stato educativo da tutti i punti di vista e il comportamento di ogni adolescente è stato appropriato. Ciascun ragazzo è stato molto attento al rispetto. Anche questo è un elemento commovente.

Qual è la differenza tra fare memoria e fare Storia? Cosa dal punto di vista storico culturale ed emotivo aiuta a comprendere la memoria del passato?

La memoria è personale e si associa a vissuti individuali connessi a emozioni. Considerando i campi di sterminio, la memoria è legata a testimonianze dirette che sono destinate a non esserci più. Oggi restano pochissimi ex deportati e nel viaggio non ne ho incontrati. La memoria è importante, ma può ingannare, conta anche la Storia per darle un senso e non strumentalizzarla: memorie di singoli nazisti possono deformare la realtà; bisogna quindi sforzarsi di dare importanza alle fonti. La Storia senza memoria rischia di diventare vuota. Senza memoria viva anche la Storia, incentrata sullo studio critico delle fonti, perde di senso. Affinché la memoria non muoia serve studio critico e capacità di contestualizzazione. Poiché però la Storia abbia senso serve empatia e racconto di emozioni: memoria viva. Il ritorno con il pullman è durato un giorno e mezzo. Durante il viaggio ci è arrivata la notizia di un naufragio e della morte, in mare, di diversi migranti. Questo aspetto vivo, radicato nelle emozioni dei ragazzi, ha reso il viaggio molto più reale e attuale, un gioco continuo tra la propria memoria, le testimonianze e il contesto circostante. Occorre capire come si sia potuti arrivare a pianificare e attuare lo sterminio, comprenderne, anche a livello emotivo, gli effetti, affinché, ancora oggi, la memoria resti viva e ci aiuti nella lettura del nostro presente.

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