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Storia di un bene confiscato

Aggiornamento: 5 dic 2023

Gabriele Rottura - Lorenzo Frassinelli - Chiara Scaramuzzi 2C LS




Come attività riguardante l’educazione civica abbiamo effettuato due incontri: uno in classe con una volontaria dell’associazione Libera e un secondo presso un bene confiscato sito in Largo Fratelli Cervi, 1.

La confisca è una misura definitiva che consiste nella sottrazione, in favore dello Stato, di alcuni beni che sono serviti per commettere un reato o che ne costituiscono il profitto, senza la previsione di una futura restituzione. Il conseguente reimpiego ne costituisce un’opportunità di impegno responsabile per il bene comune, e la legge che stabilisce il riutilizzo di tali confische è la 109 del 7 marzo del 1996. Libera non gestisce direttamente i beni confiscati alla criminalità organizzata, ma fa un censimento di questi, così da renderli risorse in grado di innescare processi di sviluppo locale e accrescere la coesione sociale.


Abbiamo fatto visita lunedì 20 febbraio 2023 al suddetto spazio, in precedenza utilizzato come lavanderia. Tale bene è stato confiscato nel 2009 a un usuraio, che possedeva diversi immobili sia a Milano che nel resto d’Italia, e questo era solo uno dei tanti bottini della sua attività illecita. La cooperativa che lo gestisce dal maggio 2018 è Comin, che lo utilizza per iniziative, incontri sulla cultura della legalità e servizi che favoriscono la solidarietà tra le famiglie. Quel lunedì siamo arrivati davanti al locale, e siamo stati accolti da un impiegato dell’associazione. L’incontro è durato circa 90 minuti, durante i quali abbiamo approfondito diversi temi già affrontati nel precedente incontro con Linda, la volontaria di Libera. Siamo stati informati sulla storia di quel posto e sull’iter per il sequestro e la successiva assegnazione di tali spazi. La ricollocazione di questi beni, che non possono essere venduti, è un processo lungo e complesso, che può arrivare a durare anche 10 anni, e consiste in bandi, in cui le diverse associazioni presentano i propri progetti per il riutilizzo dello spazio. La società che ha presentato il miglior progetto non dovrà pagare l’affitto del locale al Comune e neanche avviare un’attività a scopo di lucro. Ciò che ci ha più colpiti durante l’incontro è stato come la mafia riesca ad infiltrarsi nelle città e come sia tutt’altro che complicato aprire attività illecite nel bel mezzo di un centro abitato quale Milano. Questo fenomeno è inoltre facilitato dall’atteggiamento omertoso degli abitanti della zona. L’operatore di Comin ci ha infatti raccontato un episodio avvenuto durante l’inaugurazione dello spazio nel 2018: era stata affissa, fuori dal locale, una targhetta che segnalava la confisca di tale spazio. Due signore del quartiere si sono successivamente presentate, chiedendo se gli operatori non fossero preoccupati per possibili ritorsioni da parte della famiglia del mafioso, che continuava ad abitare nella zona. Secondo noi, il valore che assume la confisca di un bene è una vittoria da parte dello Stato contro un’organizzazione criminale organizzata, e riteniamo corretto che i beni di proprietà della mafia vengano sottratti, con l’obiettivo di reimpiegarli in scopi utili ai cittadini, in particolari a quelli meno agiati e più bisognosi.

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