Prof.ssa Erika Amatulli, Prof.ssa Ciliberti, Prof.Galli, Manuela Mazzoni 5Bodonto con la collaborazione degli intervistati e intervistatori di 5Aodo - 5Bodo- 4Aodo -3Dodo
Come previsto da una fase del progetto di Orientamento attuato all’interno della classe 5Bod nei mesi di marzo e aprile 2024, martedì 19 marzo gli studenti di 5Bod hanno realizzato cinque interviste ai ragazzi dell’Istituto Correnti che hanno volontariamente aderito al progetto “Operi-amo un sorriso” condotto dal Prof. Galli e dalla Prof.ssa Ciliberti presso l’Istituto Severi-Correnti.
Inseriamo qui di seguito la trascrizione di cinque brevi interviste fatte a ragazzi volontari di III, IV e V precedute dall’intervista concessa dai loro due docenti di riferimento.
Intervista alla Prof.ssa Ciliberti e Prof. Galli condotta da Manuela Mazzoni 5Bodonto
Manuela: Quando e come è nato questo progetto?
Prof. Galli: Questo progetto è nato in due differenti periodi. Inizialmente una decina di anni fa, forse anche di più, grazie ad un professore che insegnava qui, che era anche un diacono, il professor Buzzi, il quale aveva avuto questa idea che allora non fu possibile realizzare a causa di resistenze da parte di alcuni addetti della casa circondariale di Opera. In seguito, situazioni diverse, fra cui il cambio di gestione, hanno permesso di superare la maggior parte dei problemi. Il progetto è stato quindi riproposto l’anno scorso. Finalmente siamo riusciti a metterlo in piedi e adesso speriamo che le cose procedano come sembra stia succedendo.
Manuela: Ci sono state difficoltà nell’organizzazione del progetto?
Prof. Galli: Solo dal punto di vista burocratico, a causa della resistenza di alcuni operatori che temevano di essere toccati nel loro privato o nelle loro condizioni economiche. Probabilmente temevano un’ingerenza. Ultimamente pare che queste difficoltà si siano risolte. L’altro problema è stato quello di reperire un numero di dentisti sufficiente. Abbiamo però avuto la fortuna che sia io sia il professor Buzzi, molti anni fa, abbiamo condiviso una classe di studenti che oggi hanno 55-56 anni e che, per lo più, sono diventati odontoiatri e in memoria dei nostri trascorsi di insegnanti, probabilmente, hanno accettato di partecipare. Ovviamente siamo sempre alla ricerca di nuovi clinici. Più dentisti partecipano al progetto, meno sabati
gli stessi clinici devono recarsi ad Opera e il lavoro risulta così più leggero. I medici fanno questo servizio gratuitamente, si tratta di professionisti che svolgono un lavoro per cui normalmente sono ben pagati.
Manuela: I ragazzi dell’Istituto Correnti hanno sempre partecipato con entusiasmo?
Prof. Galli: Quelli che hanno partecipato sì, il loro atteggiamento è stato per lo più corretto. Inoltre, gli studenti che avevano dei dubbi hanno detto: “Nel dubbio preferisco non partecipare”. Erano consapevoli si trattasse di un impegno, alcuni di loro abitano lontano, altri non sono forti nelle materie teoriche e devono passare il loro tempo a studiare. Gli studenti che hanno partecipato lo hanno fatto con entusiasmo. Alcuni di loro sono tuttora all’opera. Su alcuni di loro stiamo investendo molto. Purtroppo, però, sono di quinta e quindi l’anno prossimo non ci saranno più.
Manuela: Ci sono studenti sia del biennio che del triennio?
Prof. Galli: No, ci sono solo studenti del triennio perché il tipo di lavorazione è già complessa per chi fa la terza.
Manuela: Come i detenuti di Opera hanno accolto le protesi fatte dai ragazzi?
Prof. Galli: Bene. Ad un incontro, a cui ho partecipato, i detenuti che erano presenti ci hanno detto che chi aveva ricevuto le protesi era contento. Questi hanno apprezzato soprattutto il fatto che qualcuno, all’esterno, si sia occupato di loro. Per loro è stato molto importante da un punto di vista psicologico. Oltretutto, per la selezione di questi detenuti, Buzzi sta facendo una scelta molto drastica perché le persone interessate sono oltre 100 e noi non siamo in grado di soddisfare più di una ventina di persone all’anno. Il prof. Buzzi è quindi chiamato a fare per forza una scelta molto selettiva; questa viene fatta sia in base alla durata della pena sia in base alle condizioni economiche dei detenuti stessi. Alcuni detenuti non hanno famiglie che li possano aiutare, che possano pagare loro le cure mediche necessarie. Molti di loro non hanno mai avuto cura della loro bocca per motivi economici…le condizioni in cui versano sono notevolmente drastiche. In quarant’anni di lavoro che faccio qua dentro, ho esaminato almeno tre casi di pazienti che versavano in condizioni che, personalmente, non avevo mai visto. Per citare la frase: “Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare…”
Manuela: Ci ha parlato di uno di questi casi l’ultima volta, se non sbaglio…
Prof. Galli: Abbiamo poi trattato il caso di una persona che presenta l’apertura del palato in comunicazione con il naso per l’abuso di cocaina nei tempi passati. Si tratta di una riparazione che tornerà perché la dobbiamo rinnovare...Sarà sicuramente
abbastanza complessa. Sarà molto interessante per gli studenti, spero anche per dissuaderli dal tentativo di assumere droghe…
Manuela: Vuole raccontarci un aneddoto o due che gli sono rimasti nel cuore?
Prof. Galli: Quando abbiamo fatto una visita al carcere abbiamo visto una persona che ci ha accolto e ci ha guidato all’interno dell’edificio. Abbiamo scoperto che si trattava di un caso che avevamo trattato e questo ha acceso un po’ lo sguardo sia degli studenti sia dei colleghi, nei confronti di questa persona che ci è rimasta particolarmente nel cuore. Abbiamo scoperto che era molto giovane, non ce lo aspettavamo avendo visto prima i modelli. Ci aspettavamo una persona anziana. La consapevolezza di avere permesso a una persona così giovane di potersi di nuovo nutrire in maniera decente ha intenerito davvero tutti.
Manuela: Voi docenti avete vissuto difficoltà nell’organizzare il progetto? Come ha risposto il prof. Galli, gli studenti possono avere riscontrato delle difficoltà a causa del tempo da dedicare al progetto, a causa della distanza fra la propria casa e la Scuola o dello studio richiesto settimanalmente. Voi docenti, invece, in prima persona, quali difficoltà avete vissuto?
Prof.ssa Ciliberti: Le difficoltà sorgono ogni volta che c’è l’incontro. Quando dobbiamo decidere quanti studenti di terza, quanti studenti di quarta e quanti studenti di quinta sono necessari, lo facciamo in base ai lavori che ci sono da fare. Se viene meno uno studente o se vengono meno più studenti a causa di un imprevisto o di una dimenticanza, per noi è un grave problema. Un’altra difficoltà riguarda anche il coordinamento con gli odontoiatri, il prof. Buzzi funge da accettore, lui è il nostro ‘postino’, è l’unico che può entrare ad Opera. Abbiamo delle date prestabilite che non si possono cambiare. Come ha spiegato il Prof. Galli, ci sono dei sabati in cui il volontariato è permesso, prestabiliti da settembre a giugno. Dobbiamo sempre rispettare i termini per le consegne. Rispetto ai lavori didattici, in questo caso, non esiste la possibilità di posticipare la consegna. E questa è la cosa che dà più preoccupazione.
Manuela: Come ha visto i ragazzi che hanno partecipato al progetto?
Prof.ssa Ciliberti: Inizialmente, l’anno scorso, siamo stati molto presi dall’aspetto tecnico. La Dirigente venne a trovarci in laboratorio per vedere come realizzavamo il progetto, quali protocolli di lavorazione, quali protocolli di disinfezione, quali soluzioni per la tracciabilità avessimo adottato. Poi, però, c’è stato un momento, nel corso dell’anno, durante il quale, soprattutto io che sono ‘dietro le quinte’, rispetto al Prof. Galli il quale è soprattutto impegnato a seguire gli studenti nelle lavorazioni, sono riuscita a fermarmi un attimo per osservare i nostri ragazzi. Dall’esterno, mi ha
colpito il fatto che siano sempre motivati rispetto a quanto dimostrano nel lavoro didattico quotidiano, eppure sono gli stessi studenti che vedo la mattina in classe, quegli studenti che appaiono ansiosi e pigri. In Operi-Amo un sorriso ci credono. Sono sereni e attivi. Anche quando sono stanchi, per riportarli attenti sul lavoro, basta dire: “Dai che dobbiamo consegnare, altrimenti queste persone non mangiano!”. Secondo me, questa è la vera alternanza Scuola-Lavoro.
Manuela: C’è un aneddoto o due che le sono rimasti nel cuore?
Prof.ssa Ciliberti: Guardare i ragazzi. C’è sempre un momento durante le quattro ore che passiamo insieme in cui mi fermo e li guardo.
Un altro aneddoto che mi è rimasto nel cuore riguarda una delle nostre visite al Carcere di Opera. In realtà, penso che ogni esperienza fatta in Carcere ti resti dentro. In quell’occasione, ci sono stati due detenuti che ci hanno dedicato molto tempo e ci hanno raccontato un po’ tutta la loro esperienza, facendoci capire davvero cosa vuol dire non avere la possibilità di pagare le spese mediche tra cui quelle odontoiatriche. Intensissimo è stato il momento in cui alcuni detenuti hanno ringraziato i ragazzi, anche quelli che non si sono fermati perché non potevano, in quanto non erano nell’orario di libertà o non avevano ancora la possibilità di parlare con gli esterni. Fra questi vi era anche il detenuto citato prima dal Prof. Galli. Lui ci ha salutatati da lontano. Lo abbiamo riconosciuto subito per via della particolare anatomia dei mascellari...E’ stato bello vedere i ragazzi girarsi e chiedermi: “Prof. Ma…è XXX?”. I detenuti hanno un nominativo in codice, la loro identità è ovviamente protetta. Da lontano, lui ci salutava e ci diceva “Grazie, grazie”, guardandoci e sorridendoci più volte.
Un terzo aneddoto…Il professor Buzzi è un docente, ma è anche un diacono. Questo è il motivo per cui lui, nel progetto, gioca un ruolo centrale. Gestisce una piccola Chiesa dove siamo stati ospitati e dove c’è un parroco che ha saputo darci un punto di vista diverso. Lui ha contatti con tutti i detenuti del Carcere di Opera, tenendo conto del percorso che devono fare. Alla fine, quando ha ringraziato i ragazzi, lo ha fatto come se parlasse al posto dei detenuti. E’ stato davvero emozionante.
Ciò che mi resta sempre nel cuore però, che poi è il motivo per cui insegno, sono sempre i nostri ragazzi.
Manuela: Grazie Prof.ssa Ciliberti.
Intervista ai ragazzi di Quinta
INTERVISTATI:
DENYS SHTEFANKO 5Aod, SARA AMER 5Aod, OMNIA OMAR 5Bod
INTERVISTATORI (I):
LAYSA REYES 5Bod, SOLIMAN RAWAN 5Bod, KARAS GIORGIO 5Bod
I: Perché hai deciso di aderire al progetto “Operi-amo un sorriso”?
Denys: Anche se avevo già molte ore di PCTO, ho deciso di aderire a questo progetto perché mi faceva piacere collaborare ed essere utile a detenuti che hanno bisogno di protesi. Si tratta di protesi fatte interamente da noi.
Sara: Mi piace lavorare in laboratorio, questo progetto è una chance per migliorare il nostro livello ed è anche un progetto PCTO.
Omnia: Per aiutare gli altri e anche perché vorrei scoprire sempre cose nuove.
I: Quali lavorazioni hai portato a termine o per quali fasi di lavorazione hai dato il tuo contributo?
Denys: Ho partecipato alla realizzazione di molti casi clinici contribuendo nel costruire protesi totatali e parziali mobili, nella maggior parte delle loro fasi di lavorazione, svolgendo portaimpronte individuali, montaggi zeppature, cerature e rifiniture.
Sara: Ho fatto più protesi totali mobili…e anche alcune protesi parziali. Ho lavorato più su protesi mobili che su protesi fisse.
Omnia: Ho realizzato sia la protesi totale mobile sia protesi parziali. Non si è trattato di lavorazioni nuove, le avevo già realizzate durante le mie esperienze PCTO precedenti.
I: Quali sono gli aspetti che ti piacciono di più di questo progetto?
Denys: Essere d’aiuto a persone che hanno bisogno e sentire dire che i lavori compiuti sono stati fatti bene.
Sara: Lavorare seduta ad un tavolo insieme ai miei compagni, essere seguita dal mio Prof. (Prof. Galli) che per me è diventato un punto di riferimento, accogliere sempre i suoi consigli per migliorare e poi mi piace l’idea che i lavori realizzati siano destinati a persone che ne hanno particolarmente bisogno, soprattutto il pensiero di avere permesso loro di mangiare di nuovo, il pensiero che, grazie a me, qualcuno sia tornato a fare qualcosa che non riusciva più a fare.
Omnia: Mi è piaciuto di più realizzare le protesi parziali.
I: Hai incontrato alcune difficoltà durante questo progetto? Se sì quali?
Denys: La difficoltà maggiore è stata trovare il tempo per svolgere questo progetto, soprattutto quando il giorno dopo l’incontro era stata fissata una verifica o un’interrogazione. Come quando si lavora in un Laboratorio, una volta fissato questo impegno, non si può poi non andare.
Sara: Forse il tempo…il tempo da dedicare al progetto è tanto. Quest’anno facciamo dalle 14.30 alle 18.30 ogni mercoledì.
Omnia: No, perché sono sempre stata molto attenta durante le spiegazioni dei miei prof., quindi non ho incontrato alcune difficoltà.
I: Ti riporto ora alcuni passaggi di un articolo scritto da Gabriele Mauri, un ragazzo che frequentava la VC od l’anno scorso. Ti chiedo gentilmente di dire se concordi con quanto dice lui o se invece la pensi diversamente. Se concordi ti chiedo di spiegarmi perché:
I: 1) “Questo progetto mi ha responsabilizzato”. Sei d’accordo? Perché?
Denys: Sì, sono d’accordo perché queste protesi, rispetto alle protesi che realizziamo in Laboratorio (durante le ore di lezione), vanno realmente in bocca ai pazienti. Bisogna quindi lavorare prima di tutto sulla qualità. Bisogna dimostrare massima responsabilità.
Sara: Sì perché dobbiamo tenere a mente tutte le indicazioni date dal Prof e dobbiamo rispettare i tempi di consegna.
Omnia: Sì, sono d’accordo, perché, a mio avviso, è stato molto utile. Mi ha fatto imparare cose nuove e mi ha responsabilizzata. Qui si tratta di aiutare davvero altre persone, quindi la responsabilità è maggiore.
I: 2) “Questo progetto mi ha fatto capire quanto la cura dei dettagli sia essenziale, sia nel mondo lavorativo, sia fuori di esso”. Sei d’accordo? Perché?
Denys: Sono d’accordo. Di solito sono preciso e sto migliorando sulla precisione. Bisogna lavorare prima di tutto sulla qualità e la precisione delle protesi realizzate.
Sara: sì dobbiamo essere sempre molto precisi. Quando modelliamo, quando rifiniamo una protesi. I bordi non devono mai essere taglienti.
Omnia: Penso sia molto importante fare le cose con precisione, nel lavoro, ma anche nella vita.
I: 3) “In alcuni casi mi è piaciuto sentirmi “Maestro” nei confronti di altri studenti. Avendo più competenze, ho avvertito il dovere morale di aiutare, assistere i ragazzi più piccoli di me e fornire loro adeguati consigli”. Sei d’accordo? Perché?
Denys: Sì, mi è capitato di insegnare a ragazzi più piccoli di me cosa dovevano fare e come dovevano lavorare.
Sara: Sì, è capitato anche a me. Mi è piaciuto, mi è piaciuto sentire la mia Prof (Prof. ssa Ciliberti) che diceva agli studenti più piccoli: “Lei è brava”, il sentirmi riconosciuta di fronte a loro.
Omnia: Sì, durante il progetto, mi è successo più volte. Gli altri studenti mi hanno chiesto aiuto più volte ed io mi sono sentita come una maestra nei loro confronti. Mi è piaciuto farlo, magari in futuro lo diventerò davvero.
I: 4) Durante il progetto mi è sembrato di trovarmi in un luogo di lavoro vero e proprio, dove il tempo deve essere ottimizzato. Ciò mi ha permesso di adottare una mentalità lavorativa incredibilmente veloce ed efficace”. Sei d’accordo? Perché?
Denys: Sì perché i lavori hanno una scadenza e bisogna rispettarla, anche per non fare brutta figura con il clinico. Si impara a diventare sempre più veloci e ci si porta avanti con il lavoro. In futuro, mi piacerebbe lavorare in un Laboratorio, diventare un Odontotecnico a tutti gli effetti.
Sara: Sì, forse soprattutto per il fatto che so già che ogni mercoledì rimarrò in laboratorio sino alle sei e mezza. Ho un mio ritmo di lavoro e regolo il mio tempo in base a questo impegno. In futuro, vorrei iscrivermi ad Odontoiatria…vedremo..
Omnia: Sì, è stata un’esperienza molto simile alle altre esperienze PCTO, ho avvertito una grande responsabilità, soprattutto nella gestione dei tempi di lavoro. Se i tempi non vanno bene, le nostre protesi ai detenuti non arrivano. In futuro mi piacerebbe diventare un’odontotecnica, arrivare un giorno a gestire un intero laboratorio..
INTERVISTA AI RAGAZZI VOLONTARI DI TERZA E QUARTA:
INTERVISTATI:
HENDY ALI MAHMOUD 4Aod, MARK LENGHEN PAUL 3Dod
INTERVISTATORI (I):
SOLIMAN RAWAN 5Bod
I: Perché hai deciso di aderire al progetto “Operi-amo un sorriso”?
Ali: Per fare protesi vere, non come a Scuola. Fare protesi destinate alla bocca di detenuti, persone che non hanno denti e non riescono a mangiare. È una cosa molto bella aiutare le persone, anche se non le ho mai viste. Per me è una cosa buona.
Mark: (Studente sempre presente. L’ultima volta, appena resosi conto di avere dimenticato di avere dato la propria adesione, pur abitando lontano, per non mancare, è tornato indietro a Scuola volontariamente): Perché mi sembrava una cosa interessante da fare.
I: Quali lavorazioni hai portato a termine o per quali fasi di lavorazione hai dato il tuo contributo?
Ali: Ho fatto il montaggio dei denti, ma non l’ho finito e qualcuno l’ha continuato al mio posto. Ho fatto la muffola, ho fatto portaimpronta dall’inizio alla fine. Una volta ho anche rifinito un modello superiore.
Mark: I ganci. Ho fatto la rifinitura della resina. Una volta ho posizionato i denti sul masticone e poi, certo, mi sono guardato un po’ in giro…Ho osservato i protocolli. Si tratta di lavorazioni che si fanno in quarta e in quinta... Affianco i ragazzi più grandi e imparo…durante il progetto imparo molto più che in classe. Ho visto fare anche la disinfezione che normalmente, in Laboratorio, non facciamo, una cosa che possiamo imparare solo attraverso il progetto.
I: Quali sono gli aspetti che ti piacciono di più di questo progetto?
Ali: Le persone che partecipano al progetto non lo fanno per scherzare, come invece accade in altri laboratori dove qualche studente usa il telefono o ne approfitta per fare caos. Qui tutti lavorano. Si lavora per lo più in gruppo, non sei mai da solo. Anche se non si tratta di un tuo compagno o di una tua compagna di classe ti metti a lavorare con lui o lei, ti impegni e finisci il lavoro.
Mark: Mi piace il fatto che durante il progetto, il Laboratorio si trasforma in un ambiente lavorativo vero e proprio, un ambiente simile al Laboratorio dove andremo a lavorare quando finiamo questa Scuola. Si tratta di un laboratorio molto più serio del laboratorio che frequentiamo normalmente durante le lezioni. A volte, in classe, diventa molto difficile lavorare, concentrarsi, ci si ferma continuamente perché le persone si divertono a fare caos.
I: Hai incontrato alcune difficoltà durante questo progetto? Se sì quali?
Ali: All’inizio sì perché in classe non avevo ancora fatto le cose che facevamo durante il progetto, quindi non ero abituato. Abbiamo fatto un montaggio dei denti l’anno
scorso, ma non era fatto in resina, era fatto in cera, era un po’ diverso. Alla fine, però, sono riuscito a farlo.
Mark: All’inizio avevo un po’ di ansia per il fatto che avrei potuto sbagliare. Si tratta di protesi reali che finiranno davvero nella bocca di qualcuno. La prima e la seconda volta in cui ho frequentato il Laboratorio ho vissuto un po’ di ansia per questo.
I: Ti riporto ora alcuni passaggi di un articolo scritto da Gabriele Mauri, un ragazzo che frequentava la VC od l’anno scorso. Ti chiedo gentilmente di dire se concordi con quanto dice lui o se invece la pensi diversamente. Se concordi ti chiedo di spiegarmi perché:
I: 1) “Questo progetto mi ha responsabilizzato”. Sei d’accordo? Perché?
Ali: Sì, avverto il peso della responsabilità. Realizziamo delle protesi che vanno nella bocca di pazienti reali. Devono essere per forza precise. È poi molto importante imparare a rispettare e ottimizzare i tempi di lavoro. Si tratta di una volta a settimana. Sto imparando ad organizzarmi per raggiungere davvero gli obiettivi a cui tengo.
Mark: Sì, come dicevo, soprattutto all’inizio ho avvertito il peso della responsabilità e avevo molta paura di commettere errori…inoltre so perfettamente che non possiamo cambiare le date di consegna. Se non terminiamo per tempo, i pazienti non ricevono la loro protesi e non possono mangiare.
I: 2) “Questo progetto mi ha fatto capire quanto la cura dei dettagli sia essenziale, sia nel mondo lavorativo, sia fuori di esso”. Sei d’accordo? Perché?
Ali: Curare i dettagli è importantissimo. Quando non riesco a fare una cosa con precisione e il prof. Galli mi dice che ciò che ho fatto non è abbastanza preciso e mi fa vedere come lavorare in modo diverso, io capisco e imparo. Penso che questo mi sarà utile per dopo, anche a Scuola.
Mark: Assolutamente. Questo progetto mi sta aiutando un sacco a imparare cose di cui prima non avevo idea. Ho imparato, per esempio, cosa è una muffola e sto vedendo realizzare dei lavori che, forse avremmo dovuto già iniziare a fare in terza, ma che, di fatto, ancora non stiamo facendo. Imparo certamente ad essere più preciso. Magari alcuni lavori che a me sembrano andare bene, al prof. Galli non vanno bene. Mi dice di rifarli, anche più volte. Si tratta di momenti che mi rimangono impressi nella memoria e in cui imparo. Inizio a capire quando un lavoro è pronto e quando no. Ad esempio, capita che il prof. Galli faccia lucidare una protesi quattro o cinque volte. Magari, per noi, è lucida, ma per lui, che è molto più esperto di noi, la protesi deve essere lucidata ancora. Ci insegna ad essere precisi. Massima precisione durante la lavorazione, sì.
I: 4) Durante il progetto mi è sembrato di trovarmi in un luogo di lavoro vero e proprio, dove il tempo deve essere ottimizzato. Ciò mi ha permesso di adottare una mentalità lavorativa incredibilmente veloce ed efficace”. Sei d’accordo? Perché?
Ali: Sì, molto d’accordo.
Mark: Si, come ho detto prima, sono davvero molto d’accordo.