Sofia Bello - La Redazione
“Se domani sono io, se domani non torno, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.” Sono queste le parole virali di Cristina Torres Carcés che nelle ultime settimane hanno scosso tutto il mondo del web, aperto i titoli diei giornali e accompagnato le numerose manifestazioni nelle piazze d’Italia a seguito dell’ennesimo femminicidio, quello della giovane Giulia Cecchettin. Il 25 novembre è stata la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una giornata volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della nonviolenza contro le donne. Ma come può essere dedicata una sola giornata al ricordo di migliaia di donne vittime di femmicidio quotidiano?
La ricorrenza nasce grazie a tre donne. Tre eroine coraggiose che hanno pagato con la vita la propria battaglia per la libertà. Si chiamavano Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal. Fin da piccole si batterono contro la dittatura di Rafael Leonidas Truillo, una delle più sanguinose nella storia della Repubblica Domenicana. Quest’ultimo, nell’ottobre 1949, organizzò una festa privata chiedendo espressamente alla famiglia delle tre sorelle la presenza di Minerva. Lei partecipò, ma quando Trujillo le chiese la sua opinione sulla dittatura, Minerva lo sfidò apertamente, sostenendo le proprie idee politiche. Il suo coraggio costò la vita alle tre sorelle che il 25 novembre 1960 vennero massacrate e i corpi gettati - come è successo anche a Giulia - in un burrone. Nel 1999 l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha esteso a tutto il mondo la ricorrenza della “Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne”.
Dall’inizio del 2023 sono più di 100 i femminicidi commessi in Italia. Sono 295 gli omicidi registrati tra il primo gennaio e il 25 novembre. Le vittime di genere femminile sono 106, (una su tre) di cui 87 avvenuti in ambito familiare e affettivo..
C’è quindi da chiedersi quando un femminicidio è definito tale? Quando presenta due elementi: il primo è il contesto relazionale che lega l’esecutore e la vittima e il secondo sono le motivazioni che muovono l’omicida (gelosia, dominio, possesso). Le violenze maturate in un contesto familiare o affettivo non sono solo fisiche, ma si possono manifestare in forma psicologica, sessuale, economica, sociale. Per violenze psicologiche si fa riferimento a offese, ingiurie, denigrazioni, umiliazioni, che pongono la donna in una situazione di paura, ansia e hanno l’obiettivo di ottenerne la sottomissione. La violenza sociale comprende qualunque forma di isolamento imposta con lo scopo di isolare la vittima da una rete di contatti sociali, amicali e famigliari. Le violenze sessuali comprendono tutti gli atti sessuali non desiderati e imposti alla donna. Infine la violenza economica riguarda la sottrazione e il controllo dello stipendio o delle risorse economiche della donna.
Lottare per i diritti delle donne significa lottare per l’uguaglianza e il riconoscimento delle pari opportunità tra uomini e donne. Nonostante ciò, la parola “femminismo” è stata trasformata in sinonimo impopolare e troppo spesso associato all’odio nei confronti degli uomini. È scomoda perché viene vista come troppo forte, aggressiva e annichilente nei confronti del genere maschile.
L’ uguaglianza di genere è anche un problema per gli uomini. Per educazione o modellamento a quel canone sociale identificato col “patriarcato”, sono anch’essi influenzati dagli stereotipi e pregiudizi di genere: gli uomini troppo spesso sentono la necessità di essere aggressivi e “machi” per essere accettati. Troppo spesso sono incapaci di esprimere i propri sentimenti e si sentono giudicati se si mostrano fragili e sensibili. È essenziale che anch’essi si uniscano alla conversazione e sostengano i pari diritti.
Il cambiamento della mentalità maschile porterà anche un cambiamento nella condizione femminile; non si può sconfiggere il femminicidio se l’ascolto resta unilaterale. Uomo e Donna sono solo due riflessi differenti dello stesso specchio.