Sofia Bello e Gaia Stefanoni
L’Omocausto è uno “sterminio dimenticato” perché la storia non ha ancora fatto giustizia rispetto a tutte le violenze perpetrate a danno degli omosessuali. Così Calo Scovino, pedagogista e docente dell'Università degli Studi di Milano dedica il suo nuovo libro che sarà presentato il 29 febbraio alla libreria Claudiana (h.18.0) ricordando Fredy Hirsh, educatore omosessuale ed ebreo e lo sterminio di chi, come lui, considerato diverso per il proprio orientamento sessuale.
Il 27 gennaio 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberano il campo di concentramento di Auschwitz. Per molti prigionieri è un giorno nel quale la libertà e la giustizia ha prevalso su tutti i soprusi e le torture perpetrate fino a quel momento. Ma per altri, gli omosessuali, le sevizie non sono ancora finite. Molti passano da campi di concentramento al carcere, dove finiscono di scontare la loro pena, in base all’175 del Codice penale tedesco che recitava: “La fornicazione contro natura, cioè tra persone di sesso maschile ovvero tra esseri umani ed animali, è punita con la reclusione; può essere emessa anche una sentenza di interdizione dai diritti civili.” Nel 1935, con l’ascesa del potere dei nazisti, il paragrafo venne inasprito e le pene raddoppiarono passando da 5 a 10 anni di carcere. Dopo la sconfitta della Germania il paragrafo non venne abrogato ma rimase in vigore fino al 1988.
Tra il 1933 e il 1945 sono stati arrestati circa 100.000 uomini omosessuali, di questi circa 50.000 sono stati ufficialmente condannati. La maggior parte ha trascorso il periodo di detenzione delle prigioni regolari, mentre tra i 5.000 e i 15.000 sono stati inviati nei campi di concentramento. Uno studio di Rudiger Lautmann riporta che il tasso di mortalità degli omosessuali sia stato del 60%.
Nei campi di concentramento i gay subirono trattamenti particolarmente crudeli. L’emarginazione inflitta da parte della società si estendeva anche tra i prigionieri. Alcuni morirono in seguito a feroci bastonate, anche effettuate dai deportati. I medici nazisti utilizzarono spesso i gay in “esperimenti” volti a scoprire il “gene dell’omosessualità” e poter così “guarire” i futuri bambini ariani. Il medico delle SS Carl Vaernet effettuò massicce iniezioni di testosterone sui suoi pazienti e solo il 20% di loro sopravvisse.
Gli omosessuali vennero stigmatizzati con un simbolo distintivo: un triangolo rosa pensato come il colore delle “ragazzine” e utilizzato per ridicolizzare la mascolinità. Sottoposti alla castrazione, costretti ai lavori più faticosi o stuprati per divertimento delle SS, molti preferirono togliersi la vita piuttosto che essere oggetto e vittima costante in un tempo che non sembrava mai finire.
Grazie a Pierre Seel, un deportato omosessuale della seconda guerra mondiale, oggi sappiamo molti dettagli sul modo in cui venivano trattati gli omosessuali durante il periodo nazista. Pierre testimonia che quando i nazisti assunsero il potere il suo nome apparve in una lista di omosessuali locali che ricevettero l’ordine di recarsi presso la stazione di polizia. Per paura di ripercussioni sulla sua famiglia, egli si presentò. Al suo arrivo, con altri gay, venne picchiato, ad alcuni vennero strappate le unghie ed altri ancora vennero sodomizzati con bastoni che causarono lesioni ed emoragie intestinali. Dopo il suo arresto, venne inviato nel campo di concentramento di Vorbruck-Schirmeck. Durante un appello mattutino il comandante del campo annunciò un’esecuzione pubblica: il suo amante diciottenne di Mulhouse venne spogliato degli abiti e posero un secchio metallico sopra la testa. Gli aizzarono contro i cani lupo addestrati che lo sbranarono fino ad ucciderlo.
Questo racconto è solo una delle atrocità toccate agli omosessuali.
Ma non dimentichiamo le donne! Il numero di donne deportate di cui si ha esplicita notizia sono 5. In realtà le donne omosessuali che finirono nei campi di concentramento furono molte di più. L’omosessualità femminile non veniva punita dal paragrafo 175 in quanto la donna era già considerata inferiore all’uomo. Furono marchiate con il triangolo nero, categoria degli “asociali” – con l’aggravante essere lesbica – subirono tentativi di rieducazione, esperimenti, violenze sessuali e/o furono costrette a prostituirsi.
Per questo è importante parlare di Olocausto e di Omocausto congiuntamente. Si tratta di far luce su un tema spesso oscurato dal ben più discusso antisemitismo, di distinguere le differenti sorti di coloro che hanno vissuto quelle atrocità.
"Se l’amore non salva nessuno, che almeno sia un degno compagno di viaggio". (Circolo di cultura sessuale Mariomielli)