Giorgia Verzeni - La Redazione
Ogni uomo si è ritrovato nella propria selva oscura. Il messaggio di Dante è ancora di
attualità.Vi è mai capitato di sentirvi in un momento buio? Tutto sembra inutile, cupo e
spaventoso, senza via d’uscita. Un momento in cui siete solo voi e la solitudine, una voragine così angosciosa che vorreste semplicemente fermarvi, non continuare più a vivere a causa di queste difficoltà. Una vita nel quale pensate che solo voi stiate vivendo, che nessuno possa comprendere il vostro dolore. Una vita in cui niente possa alleviare quel dolore, farvi uscire da quel velo di tristezza.
Vi siete mai sentiti così?
Anche Dante.
“Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura che la retta via era
smarrita” (Canto I, vv. 1-3)
Nella Divina Commedia, Dante descrive appieno questa sensazione di solitudine e
smarrimento. Una solitudine non apparente, una solitudine che solo voi potete sentire.
La selva oscura a Dante provocava un sentimento di angoscia, perdizione e
inquietudine, come se ci fosse solo lui, in tutto il mondo.
Una sensazione universale per tutti, ma così simile a certi aspetti.
“Mi ritrovai in una selva oscura”: Dante accenna il fatto che ci si è ritrovato in questo
momento della sua vita, non sa come sia arrivato lì, non sa come abbia fatto a ritrovarsi
in quel luogo.
Una foresta nodosa e paurosa.
La selva, è la crisi personale di Dante.
Tutti voi avrete vissuto un momento di crisi, lo si vive in maniera personale, ma molto
spesso il sentimento più ricorrente è una profonda tristezza ed un pessimismo così
acuto e struggente che ti porta a rimanerci, in quella selva, per molti anni.
La selva è un momento che tutti voi affronterete, dovrete prendervi il tempo per trovare
la strada giusta per uscirne, non è semplice, niente è semplice nella vostra sofferenza.
Ma niente può farvi rimanere intrappolati nella disperazione in eterno. Niente e nessuno.
Quella profonda tristezza, quella sensazione di solitudine e disorientamento man mano
che passa il tempo, vi riporterà nella giusta strada.
Non esiste nessuna mappa, nessun antidoto collettivo che vi possa far uscire da quella
foresta, bisogna avere forza di volontà per uscirne, anche con quel timore che gli umani
possiedono dal principio di tutte le cose.
Molto spesso si rimane in quella selva, per paura che l’esterno sia peggio di quello che si
sta vivendo.
Si rimane lì per timore di poter perdersi ancora di più.
Trovare la giusta strada per uscire è difficile.
Trovare il modo di stare meglio è difficile.
E anche nel momento in cui si è fuggiti da quella sensazione di disperazione, non sarà lo
stesso facile.
“Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel
macolato converta” (Canto I, vv. 31-33)
Dante, infatti, si ritrova davanti a tre fiere: inizialmente una lonza, simbolo di lussuria,
successivamente un leone, un simbolo che per Dante era la superbia ed infine la lupa,
un’allegoria che riguarda la cupidigia.
Sono i peccati più ricorrenti dell’autore, le sue tentazioni più sfrenate, quelle a cui non può rifiutare.
“E non mi si partia dinanzi al volto, anzi ’mpediva tanto il mio cammino, ch’i’ fui per
ritornar più volte vòlto.”(Canto I, vv. 34-36)
Tutti noi abbiamo momenti di ricaduta.
Le fiere, le quali possono essere di un infinito numero, come per esempio l’abuso di
sostanze stupefacenti o l’uso smodato di alcol, che anch’esse sono forme autodistruttive del proprio essere fisico e mentale, possono impersonificare concretamente le fiere in questione.
Le dipendenze sono deterioranti, vi possono riportare al punto di partenza.
In questo caso Dante dal terrore, l’unica scelta che ha dinanzi a queste tre fiere è indietreggiare verso la Selva: luogo per lui di ricaduta.
Le cattive abitudini o la vostra angoscia e paura di un cambiamento radicale positivo vi
faranno ritornare al punto di partenza.
La ricaduta non è semplice da affrontare, tornare indietro sui propri passi, sbagliando,
non è semplice.
Nulla è semplice nella sofferenza.
Se ci si ritrova di nuovo nella selva, dovete rammentare i passi precedentemente fatti,
raccogliere i cocci rotti della vostra memoria per ricordarvi la strada corretta e infine,
trovare un modo per scappare, sfuggire alle nostre fiere, le nostre tentazioni.
Dante grazie all’aiuto di Virgilio, riesce a trovare una strada più semplice per scappare dalle bestie minacciose. Virgilio è una figura assai importante per l’autore: è descritto molto spesso come padre e maestro.
È una guida che tutti vorremmo nel nostro cammino, nella nostra vita.
Fornisce consigli comportamentali e vitalizi a Dante, che lo ascolta minuziosamente come un rapporto genitoriale.
Virgilio è l’amico che tutti vorremmo avere, un genitore che ti dice l’errore che hai compiuto ma che ti sopporta sempre, nelle buone e cattive abitudini.
Un buon Virgilio può essere chiunque, basta cercarlo.
Uno psicologo, un amico fidato che conosce tutto di te di cui ti fidi ciecamente, un tuo parente stretto…chiunque.
Ma tutto questo percorso deve comunque incominciare da voi stessi.
Voi dovrete cambiare se ne avete l’intenzione.
Ci vorranno giorni, mesi e anni per trovare la “retta via”, che può essere giusta per voi
stessi ma errata per gli altri, ma nel momento in cui ci si sente di aver trovato la via
adeguata per uscire dalle vostre abitudini che vi possono potenzialmente distruggere,
capirete che il giudizio altrui non conterà mai più di quanto possa valere il vostro
personale.
Dante è ben cosciente che il momento che sta vivendo lo vivono e lo vivranno molteplici
persone.
La Divina Commedia è un viaggio collettivo, che porta alla salvezza di tutti, non
solo di sé stesso.
Per Dante, la vita è un cammino, un’immagine molto comune nei giorni odierni.
Il poeta descrive appieno le sensazioni di milioni di persone che stanno camminando in
quella selva, forse lo starete facendo anche voi.
Vi invito a riflettere sul vostro cammino, vi invito ad avere speranza, speranza nel trovare
la giusta strada, anche se ci vorranno anni.
La sensazione di averla trovata, vi assicuro che è magnifica.