Munch: il grido interiore
- redazionescuola
- 27 mar
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 29 mar
Sofia Bello - La Redazione
Spesso, quando pensiamo al pittore Munch, subito ci viene in mente l’Urlo; l’opera più famosa dell’artista. Dopo quarant'anni, Palazzo Reale ha riportato in mostra una retrospettiva con più di cento opere dell'autore, capace di far conoscere la controversa personalità che si cela dietro ad un quadro di cui in pochi conoscono il vero significato.
Realizzato nel 1893, il dipinto è una rappresentazione della paura, dell'angoscia e della solitudine, temi centrali nella produzione artistica di Munch. Il quadro mostra una figura stilizzata e distorta che grida, con un paesaggio surreale di un tramonto turbolento sullo sfondo.
Entrati nella prima stanza della mostra, la sensazione di claustrofobia impregnava le pareti scure, illuminate solo dai quadri. La grande quantità di persone e i disegni che rappresentavano la morte sicuramente non aiutavano.
Per assaporare la retrospezione psicologica di ogni dipinto dobbiamo considerarle come il risultato del ricordo di un evento accaduto nella sua vita o quelli che ha immaginato. Ognuna di queste memorie è filtrata dalle emozioni che ha provato o che ricorda di aver provato o che ha inventato, riprodotte attraverso un uso non naturalistico del colore.

MELANCONIA
Un esempio è questo quadro, nel quale una donna, la sorella di Munch, rinchiusa in un ospedale psichiatrico, aspetta l’avvenire di una nuova giornata. È immersa in una stanza le cui proporzioni sono irrealistiche e osserva il vuoto con occhi assenti. La sensazione di angoscia e di prigionia sono rese molto bene dall’ambiente indefinito fuori dalla finestra.

VISIONE
In questo dipinto si può osservare una testa senza corpo, che spunta sulla superficie dell'acqua, ha gli occhi chiusi e invita il pubblico a chiedersi se il liquido che la circonda sia materialmente presente o nient'altro che un artefatto dell'inconscio. Gli occhi chiusi suggeriscono un allontanamento dal mondo fisico per lasciare spazio alla visione interiore. Un cigno e il suo riflesso fluttuano sopra alla testa: nelle sue note poetiche Munch scrisse che la bellezza del cigno crea un contrasto con le creature viscide che popolano le profondità invisibili dell'acqua. L’opera esplora l'idea di un inconscio che prede il posto della vista.

LA MORTE DI MARAT
Munch riprodusse il suo ultimo e drammatico incontro con Tulla Larsen nel 1902 raffigurando sé stesso nei panni del rivoluzionario francese Jean-Paul Marat e Tulla in quelli di Charlotte Corday, la rivoluzionaria responsabile del suo omicidio nel 1793. Munch utilizzò Marat, la vittima d'omicidio, e Corday, l'esecutrice della violenza, per dare corpo ai propri ricordi. Dipinse due grandi versioni di questo tema; questa è particolarmente cruda per via delle chiazze di pittura rossa che richiamano l'immagine degli schizzi di sangue. Nei suoi diari e nelle lettere Munch rievocava in modo quasi ossessivo la Larsen, il loro rapporto e la mutilazione.

AUTORITRATTO TRA IL LETTO E L’OROLOGIO
Questo quadro è uno degli ultimi autoritratti di Munch. L'orologio senza lancette, simbolo inquietante di mortalità, e il letto coperto con una trapunta, luogo di nascita, sonno, sesso e morte, rappresentano un simbolico ciclo di vita. L'artista anziano, riflesso sul pavimento, è inserito tra le opere della sua vita: attraverso la porta aperta si scorgono ritratti e panorami ed un nudo femminile intitolato Krotkaia è appeso sopra it letto. Il pittore, con le spalle basse, la testa flessa leggermente in avanti e le braccia troppo corte che pendono lungo i fianchi, offre una visione impietosa di sé stesso in età avanzata: mezzo sordo, inerte e barcollante, in bilico tra Eros (il letto) e Thanatos (l'orologio). Allo stesso tempo, potrebbe essere una rappresentazione solenne dell'artista, che cura il lavoro di tutta una vita e lo difende a testa alta durante gli anni cupi dell'occupazione nazista.
Palazzo Reale ha mostrato la psicologia dell’artista in ogni sua forma, andando a scavare nella mente di una persona il cui genio va a pari passo con l’instabilità mentale. Ha mostrato un mondo tratteggiato da angoscia e inquietudine interiore che riesce a colpire il pubblico nel profondo. La prossima volta, se ricapiterà mai di avere opere di Munch a Milano, consiglio vivamente di andare a vederle e di scoprire un modo di scrutare la realtà da una visione diversa ed estremamente suggestiva.