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Intervista a Nicoletta Cariota, la vicepreside del Severi va in pensione

Aggiornamento: 20 giu

Gaia Stefanoni, La Redazione


La Vicepreside Nicoletta Cariota dopo diciassette anni nell’istituto Severi-Correnti e più di trentotto anni di professione va in pensione, quindi noi abbiamo deciso di intervistarla.


Come ha iniziato ad insegnare? Cosa l’ha spinta a farlo? Questa storia comincia molto tempo fa: già alle elementari avevo un’amichetta che aveva un po’ di difficoltà a scuola e per aiutarla facevo i compiti con lei. Anche alle medie e al liceo mi mettevo a disposizione dei miei compagni per un aiuto nei compiti. Ho sempre avuto l’idea di diventare insegnante, non ho mai pensato di voler fare altro nella mia vita. Mi sono laureata e sono entrata di ruolo quasi subito. Ho lavorato ventun anni al liceo Scientifico di Saronno, poi dopo anni da pendolare, ho chiesto il trasferimento in questo istituto e l’ho ottenuto nel 2007. Ho pensato proprio al liceo Severi perché lo avevano frequentato le mie figlie che hanno ricevuto avendo un'ottima preparazione trasversale. Questo senz'altro ha alimentato un sentimento di riconoscenza nei confronti di questa scuola.


Cosa è rimasta una costante in tutti questi anni di insegnamento in quest’istituto e, viceversa, cosa è cambiato, cosa magari abbiamo perso o guadagnato? Degli adolescenti, sicuramente, sono rimaste le qualità più belle cioè l’apertura alla vita, l’entusiasmo, la voglia di mettersi in gioco: questo fa sì che il lavoro dell’insegnante sia il più bello del mondo perché permette di entrare in contatto con le energie emergenti della società. Io non ho cambiato molto metodo di lavoro negli anni, pur rimanendo aggiornata con le nuove tecnologie e utilizzandole in classe. Ritengo che una buona spiegazione dell'insegnante sia importante per coinvolgere la classe e in questo non vedo grandi differenze rispetto al passato. Penso che uno studente di oggi, abituato alle nuove tecnologie, si possa appassionare ad una disciplina se incontra un docente capace di trasmettere passione e amore per la stessa anche in una lezione “tradizionale”. Sicuramente qualcosa è cambiato, per esempio, molti studenti di oggi hanno fragilità nelle competenze linguistiche più raffinate, però le caratteristiche della scuola superiore non sono poi così cambiate. Resta il fatto che nei cinque anni di liceo gli studenti compiono uno straordinario percorso di maturazione intellettuale e umana.


Che consiglio vuole lasciare ai suoi colleghi? In questi giorni conclusivi ci ho pensato molto. Un consiglio che mi sento di dire è questo: credere che la minima cosa che possai fare come docente abbia un valore essenziale per la scuola e per i suoi studenti. Quindi dare, da una parte, un valore straordinario ad ogni minima azione che fai, dall’altra, sapere che si vale solo se si è al servizio dei propri studenti. Dare la minima importanza alla propria persona e la massima importanza agli atti più semplici e quotidiani. Questa è la mia filosofia, la visione della scuola che mi ha accompagnato fino ad oggi: ho tentato di fare il mio lavoro in questo modo, impegnandomi al massimo per svolgerlo seriamente e al meglio. Il mio valore lo riconosco quando riesco a essere al servizio e in ascolto degli studenti, dei docenti e dei genitori.


Cosa vorrebbe dire, invece, agli studenti? Seguite la vostra passione, ancoratevi ad essa, perché purtroppo al giorno d’oggi è sempre più difficile sentire e rispondere dei propri desideri come fonte di acqua viva. Sappiate anche che avete una grande responsabilità perché, purtroppo, oggi come oggi si assiste nel nostro Paese ad una diminuzione dei giovani e quindi avete un dovere verso l'Italia tutta. Vi auguro di diventare donne e uomini che lasciano un segno. Per le ragazze aggiungerei che si è già percorsa molta strada per raggiungere la parità di genere, ma ora l'ultimo passo tocca a voi. Crediate sempre che la cultura e lo studio, possano salvarvi la vita!

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