Sofia Bello - La Redazione
Negli ultimi anni si sta sempre di più diffondendo un fenomeno sociale molto pericoloso per i giovanissimi: i Sephora kids.
Si tratta di teens, preadolescenti, dagli otto ai tredici anni che hanno sviluppato un’ossessione per i prodotti del viso e che pubblicano sui Social Networks video nei quali applicano creme anti-age, sieri e scrub per poi passare a qualche ritocco con del make-up.
Il nome deriva proprio dalla famosissima catena di negozi letteralmente presa d’assalto da questi bambini i quali arrivano a spendere anche centinaia di euro.
A contribuire alla diffusione del fenomeno sono le strategie di marketing delle grandi aziende. Il ricorso a packaging colorati non è affatto casuale, inoltre pubblicità accattivanti vengono spesso divulgate tramite gli stessi canali social frequentati dai bambini con il fine di aumentare il numero di clienti e di espandere il settore. Si allarga così la fascia dei consumatori a cui i prodotti cosmetici sono destinati, sempre più giovani e sempre più indifesi.
Le aziende utilizzano tecniche di vendita legate alla psicologia infantile per attirare sempre nuovi clienti. La psicologia del marketing si concentra soprattutto sull'analisi dei comportamenti dei consumatori a livello individuale, sociale e culturale al fine di piegare questi ultimi alle strategie di mercato. Sono i bambini, in questo caso, a diventare veri e propri prodotti di consumo per le aziende.
Complici sono anche i genitori, che non solo permettono ai bambini di utilizzare i Social Networks come forma di intrattenimento principale, ma accompagnano questi a comprare i prodotti. Alcuni genitori, addirittura, creano dei veri e propri account, principalmente su Tik Tok e Instagram, nei quali pubblicano i video dei propri figli mentre si applicano i prodotti.
Si tratta di una vera e propria bulimia cosmetica nata dall’ossessione di apparire sempre giovani e belli, con la naturale conseguenza di danneggiare la pelle delicata dei bambini stessi.
Il fenomeno, inoltre, risulta preoccupante anche dal punto di vista psicologico: si chiama “age anxiety” e consiste nell’ ossessione per una pelle senza imperfezioni che colpisce sia la generazione Z sia la generazione Alpha.
L’introduzione di qualche limitazione, sia a livello pubblicitario sia a livello di mercato, potrebbe fare molta differenza. Occorre infatti indurre le aziende a non utilizzare strategie di marketing che abbiano come scopo quello di “fuorviare e rovinare” l’età del gioco dei più piccoli.