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Il Draconico

Tommaso Foschi - La Redazione


Lingue artificiali e dove trovarle 

Facciamo un tuffo nel poco conosciuto mondo della glossopoiesi, l’arte di creare linguaggi, e le lingue artificiali che dai tempi antichi affascinano l’uomo.  

 

De glossopoiesibus et sui poietis  

La glossopoiesi, dal greco “creazione di linguaggio”, è l’attività che porta alla creazione di lingue artificiali, ovvero lingue che, non seguendo il percorso naturale di evoluzione di una lingua, sono state inventate a tavolino. I creatori, chiamati con l’altisonante appellativo di glossopoieti, possono essere fini linguisti oppure semplici appassionati come me. Persone come J.R.R. Tolkien, inventore di ben tre linguaggi nella sua opera Il Signore degli Anelli, Paul Frommer che ha creato la lingua Na’vi per il blockbuster Avatar e Ludwik Lejzer Zamenhof, l’ideatore che ha dato origine all’Esperanto, sono assidui studiosi del linguaggio e delle sue forme. Poi ci sono le persone come Giulio Ferrarese, giovane studente di Bagno a Ripoli alle porte di Firenze, ed io, semplici studenti che per diletto si buttano in questa appassionante impresa.  

 

De natura artificialibus linguarum 

Le lingue artificiali sono linguaggi liberi, che non devono essere per forza vincolati dagli uomini. Pensando per esempio a una lingua aliena da inventare per un romanzo fantascientifico bisogna provvedere a come essa si presenta. Se l’alieno non ha una bocca non può comunicare con i suoni e quindi si creerà una lingua basata su altri sensi, magari anch’essi inventati. Ma questa capacità di astrazione non è facilmente concepibile dalle persone comuni; quindi, molto spesso i glossopoieti creano linguaggi che le persone possano comprendere e immaginare. Se inventassi una lingua basata sulle frequenze radio sarebbe difficilissimo capire come funzioni. Queste opere di glossopoiesi sono quindi spesso basate sulla parola come la intendiamo noi, cioè suoni codificati in ordine, e volendo anche trascrivibili in maniera più o meno complessa.  

 

De categoris linguarum 

Esistono vari tipi di lingue artificiali, che possono essere artistiche, ausiliarie e logiche. Queste tre categorie in realtà indicano semplicemente il fine che queste lingue devono avere; la prima categoria indica una lingua creata per fini artistici, ad esempio le lingue di Tolkien e la maggior parte delle lingue create dai non-linguisti; la seconda indica lingue create per il supporto internazionale e facilitare la comunicazione, come l’Esperanto di Ludwik Lejzer Zamenhof che servirebbe a facilitare la comprensione tra i popoli europei e non (una sorta di lingua passe-partout); la categoria finale indica lingue sperimentali, ovvero lingue inventate per sperimentazioni di carattere logico e a volte anche filosofico di cui io personalmente non ho mai trovato esempi. Io credo che una qualsiasi lingua artificiale sia una combinazione di queste categorie, dando forma a una sorta di “spettro delle lingue artificiali”. 

 

Codex et lingua 

Una lingua però è diversa da un codice. La differenza sta nella complessità della lingua nei confronti del più semplice codice. Il codice è una modalità alternativa in cui una lingua viene proposta. Il codice Enigma decifrato è tedesco e non inglese. Una lingua è indecifrabile se non la si conosce. Ci sono lingue che non siamo ancora riusciti a comprendere dopo migliaia di anni dalla loro comparsa come la Lineare A della civiltà minoica. Questa complessità rende incredibilmente potenti i linguaggi artificiali, che però necessitano di molta fatica sia da creare che da imparare. 

 

Nella mia rubrica che si apre con questo articolo esploreremo il processo creativo e la struttura di una lingua artificiale, prendendo come esempio la mia: il Draconico. 

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