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Donne e Mafie. Oltre gli stereotipi

Aggiornamento: 10 mag 2023


Prof.ssa Ombretta Ingrascì, Sociologia della Criminalità Organizzata, Università degli Studi di Milano


Qualche giorno fa è stata arrestata dalla Procura di Palermo una delle sorelle di Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa nostra di cui Gloria Zappalà ha raccontato la cattura in questo giornale. È accusata di associazione di stampo mafioso, in quanto avrebbe avuto un ruolo cruciale sia nella gestione del denaro della famiglia sia all’interno del sistema di comunicazione basato sui cosiddetti “pizzini”, due ambiti in cui la partecipazione femminile si è andata sempre più consolidando nel corso degli ultimi decenni.


Il coinvolgimento delle donne nelle mafie non riguarda però solo questi due campi di attività, ma si estende anche alla sfera domestico-familiare, nella quale le donne partecipano contribuendo a trasmettere i principi mafiosi quali l’onore, la vendetta e l’omertà. A maggio dell’anno scorso durante un incontro con gli studenti e le studentesse di questo Istituto, organizzato dalla Professoressa Serena Penagini e dal Prof. Duilio Catalano, abbiamo esplorato le modalità e gli esiti della pedagogia mafiosa, raccontando la storia di vita di Emilio Di Giovine, boss della ‘ndrangheta operante a Milano negli anni Ottanta del Novecento e divenuto collaboratore di giustizia negli anni Duemila.


Secondo la sua testimonianza, i bambini e le bambine vengono cresciuti secondo una netta divisione di genere e dunque imparano a vivere in modo fortemente estremizzato la propria femminilità e maschilità. Quest’ultima, ad esempio, è associata a un’interpretazione particolarmente accentuata e violenta della virilità, che verrebbe appunto inculcata sin da piccoli. A questo proposito Emilio racconta: “Ero un picciottino quando mio nonno per renderci più masculi costringeva me e i miei cugini a mangiare il peperoncino direttamente dalla pianta. I miei occhi piangevano, ma dovevo resistere per dimostrare di essere uomo. Piangevo come un coccodrillo. Mi facevano anche girare il sangue del porco, a Natale. Avrò avuto suppergiù quattro anni, al massimo cinque. Il maiale veniva messo su un tavolo, e in più persone lo tenevano legato. A Gambarie lo si faceva, in campagna. Il nonno infilava il coltello in gola al maiale, gli usciva il sangue, strillava, gridava come un dannato, e io dovevo girare il sangue caldo, perché non si coagulasse, per fare il sanguinaccio. Se non lo giri, il sangue si coagula. Quindi da bambino per farmi venire coraggio mi mettevano a me, lì, a fare questo mestiere. E io piccino mi atteggiavo che ero capace di farlo, figurati come ero scemo anch’io, con quella mentalità, la mentalità per cui dovevi essere un duro. Il maiale urlava e io lì a mescolare il sangue. Ancora adesso mi torna in mente con disgusto, è stato uno shock.” (Ingrascì, Confessioni di un padre, Melampo, 2013)


Sin da piccoli i bambini imparano che un uomo d’onore deve dimostrare di saper controllare le proprie donne, pena la perdita d’onore. E le donne, sin da bambine, imparano ad accettare come normale un destino controllato dagli uomini, come raccontato da alcune testimoni e collaboratrici di giustizia, tra cui ad esempio Giuseppina Pesce, che interrogata dai magistrati ha affermato: “Finché mio fratello sarà vivo io resterò condannata a morte, perché è lui che deve eseguire la sentenza per il mio tradimento (…) Mi avrebbe ucciso, perché le donne che tradiscono vengono uccise. È una legge. Ed è successo tante volte in passato, perché qui in Calabria, ragionano così. Hanno questa mentalità”.


Se da un lato non è opportuno generalizzare, dall’altro è bene ricordare che nella ‘ndrangheta vi sono stati casi di pene capitali per motivi d’onore, inflitte a donne perché ree di aver tradito il proprio marito. A questo proposito ricordiamo la storia di Francesca Bellocco, uccisa dal figlio a cui era stato affidato il compito di punire la madre, poiché aveva allacciato una relazione extraconiugale con un uomo di un’altra famiglia ‘ndranghetista.


Le storie e i ruoli femminili sopra accennati ci invitano a non dimenticare che, quando si affronta il tema delle donne nelle mafie, occorre tenere sempre presente che si tratta di un universo molto complesso, articolato, e variegato.

Per questo è importante sforzarsi di leggerlo andando al di là degli stereotipi entro il quale viene spesso riduttivamente ingabbiato dai media. Non di rado gli articoli di giornali offrono rappresentazioni molto polarizzate: le donne vengono dipinte o come totalmente estranee agli affari del marito, quasi come se fossero incapaci di intendere e di volere, oppure come lady-boss, ovvero come più criminali degli uomini.


Un quadro dicotomico dal quale è necessario uscire se vogliamo capire in modo più realistico un pezzo fondamentale delle organizzazioni mafiose anche nell’ottica di elaborare strategie di prevenzione del fenomeno mafioso, che puntino a offrire alle donne di ambiente mafioso delle possibilità concrete, affinché trovino il coraggio e la forza di spezzare le catene, che le tengono legate a un sistema maschile e maschilista, quale è quello mafioso.


Bibliografia:

• Gribaudi, G., Marmo, M., Che differenza fa. Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali, 67: 9-20.

• Ingrascì, O., Donne d’onore. Storie di mafia al femminile, Bruno Mondadori, Milano, 2007.

• Ingrascì, O. (2020). La forza della vulnerabilità. Nuovi orientamenti teorici sul processo di separazione delle donne dalla ‘ndrangheta, Rivista di Studi e Ricerche sulla Criminalità Organizzata, 6, 2, 2020, 18-47.

• Ingrascì, O. (2021). Gender and Organized Crime in Italy. Women’s Agency in Italian Mafias. Londra: I.B. Tauris, Bloomsbury Publishing Plc

Ingrascì, O. (2022). Testimonianze femminile contro le mafie. In C. Brancato, G. Fiume & P. Maggio, Non solo per amore. In memoria di Francesca Morvillo (pp. 113-118). Roma: Edizioni Treccani.

• Ingrascì, O. (2022). Microfisica del potere mafioso. Una lettura foucaultiana del dispositivo familiare nella ’ndrangheta. Fuori luogo. Rivista di Sociologia del Territorio, Turismo e Tecnologia, 11, 1, 51-62.

• Principato, T., Dino, A., Mafia donna. Le vestali del sacro e dell’onore, Palermo, Flaccovio, 1997.

• Siebert, R. Le donne, la mafia, Milano, il Saggiatore, 1994

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