Ludovica Piattella - 5BLL
Penelope è rappresentazione di Resistenza, come Ri-Esistenza, volontà di attendere e restare.
Si è parlato molto della donna e dei suoi dolori negli anni. Si è omaggiata la sua figura e si è discussa la sua posizione nella società.
Andando indietro nel tempo all’età classica, prendendo come esempio l’opera che narra il viaggio di Ulisse, “Odissea”, analizzando il vero significato nascosto nell’etimologia delle parole, e comprendendo a fondo la storia stessa, in realtà la donna è un personaggio fondamentale.
Uno dei tanti spunti che questo classico dà è quello di Penelope, moglie di Ulisse e madre di Telemaco. Sorprende molto come il suo ruolo sia così di rilievo, dato la società omerica in cui la donna era inserita, costretta a vivere in condizione di subalternità all’uomo.
Penelope fa del suo dovere di donna, quello di filare e tessere, una resistenza. Da quel poco che le era stato concesso in quanto donna, anche se regina, ha tratto un vantaggio: il tempo.
È proprio il canto di Penelope che coglie e definisce, con significati nascosti dietro a lettere greche, la forza della donna, la sua importanza radicale, perché ha radici nel passato, nella storia, una storia di lotte, dolori, conquiste.
Una storia di resistenza, quella di Penelope, senza la quale Itaca sarebbe smarrita. Infatti se qualcuno dei pretendenti riuscisse a sposarla diventerebbe il nuovo re.
Se Ulisse erra, si perde e Telemaco cerca il padre trovando sé stesso, Penelope resta sulla terraferma facendo del ruolo a cui è stata ridotta (da regina a moglie del re, da donna a madre e semplice filatrice) una vittoria contro il tempo, grazie all’attesa e alla resistenza.
Lei non è potente, ma possiede potenza.
Una potenza che riesce a comprendere solo chi subisce una mancanza, diritti negati, sforzi non riconosciuti, conquiste non premiate, ma anzi tenute nell’angolo.
In questo senso è esempio perfetto di donna.
È grazie a Penelope che Itaca rimane la stessa, Penelope è Itaca e il suo nome ce lo conferma: è insieme due cose, un animale selvatico conosciuto per la fedeltà verso il compagno, oppure l’unione di penos che significa “trama”, con el/olop, ovvero “rompere”. Quest’ultima indica che Penelope è colei che rompe la trama, impedisce a Itaca di continuare a esistere senza Ulisse.
Lo fa tessendo il lenzuolo funebre per il padre di Ulisse, Laerte. Aveva infatti promesso che, una volta terminato, avrebbe sposato un pretendente, ma era solo una mossa d’astuzia guidata dalla volontà di resistere al tempo che scorre, agli anni che passano, perché se di giorno tesse, di notte disfa ciò che ha tessuto.
Lei sa tramare con creatività e ingegno come Ulisse.
Il centro della sua storia è la resistenza come ri-esistenza: è la fedeltà verso Ulisse e verso sé stessa che fa ri-esistere il re, lo fa ri-nascere, nascere di nuovo, grazie a un gioco con il tempo, fatto di filare e disfare. È lei che decide attivamente di tenere vivo Ulisse, non perché faccia fatica a dimenticarlo, ma perché lei è forte quanto lui. Come lo stratagemma del cavallo, anche quello della tela è una dimostrazione del suo ingegno, sono entrambi un eroe e un’eroina.
Lei è eroina del vuoto, vuoto che è mancanza di Ulisse (e poi di Telemaco, quando lascerà Itaca per trovare sé stesso nella ricerca del padre). È un vuoto che le impedisce di esistere, perché l’amore ci fa incarnare il destino, che è istemi, io sto, dal greco, ma anche dal latino de-stinare, dove il “de” rafforza lo stare. Penelope rimane a Itaca, non è lei a partire,
perché tocca a lei combattere in un movimento apparentemente statico. Non sa se Ulisse tornerà, ma Penelope affronta la guerra.
Il suo modo di affrontare la guerra è l’attesa, è tessere e disfare la tela della trama, in un conflitto che per Ulisse è mare aperto, per Telemaco la scoperta di sé e per Penelope un mare di dolore.
È questa la rappresentazione più nitida di ciò che una donna è capace di fare: trasformare il vuoto, qualcosa che le è stato tolto, in lotta apparentemente silenziosa, ma silenziosamente attiva.
Una lotta di resistenza che se la vede con il tempo, senza esserne sottomessi.
La fedeltà di Penelope è la fedeltà di una donna, la sua resistenza quella di chi ha combattuto e la sua attesa è la forza che permane nella natura della donna.
La donna ha quindi una forza ínsita, la resistenza.
È questo che bisogna omaggiare, con tutti i progressi fatti, per portarne a termine di nuovi. Penelope ci dice che siamo mogli, siamo madri, siamo professioniste (nel senso di compiere una professione), ma prima di tutto siamo donne.
Questo dobbiamo ricordare oggi, che siamo forti, e abbiamo un ruolo.
Se Ulisse è un eroe, Penelope è un’eroina, è diversa da lui, ma sono forti nella stessa misura.
Penelope resiste, attende, e per farlo c’è bisogno di forza, e questa è quella della volontà.
La volontà di resistere.